CarloTheMast Player

domenica 3 febbraio 2008

E il calcio sorride: non c´è il deserto nei nostri stadi...

Sorpresa: gli stadi italiani sembravano mezzi vuoti, invece sono mezzi pieni. Un po´ come capita al famoso bicchiere, dipende dai punti di vista. Quello della Lega Calcio si appoggia sui numeri, che di solito non mentono anche se vanno interpretati. E le cifre dicono che la media a partita degli spettatori in serie A, relativa al girone d´andata, è la più alta delle ultime tre stagioni: 22.504 persone, tra paganti e abbonati. Nel 2005/06 erano state 21.171, l´anno scorso addirittura 19.181: una picchiata che aveva molto a che fare con la retrocessione della Juventus.

Ora i conti tornano un po´ di più, perché il campionato è il più metropolitano da parecchio tempo a questa parte (mancano, in definitiva, solo Bologna e Bari), con tutti i derby di nuovo presenti all´appello: grazie all´ovvio ritorno dei bianconeri, ma anche del Genoa e soprattutto del Napoli, quarta squadra in ordine di pubblico con 39,179 spettatori di media. In testa c´è il Milan (57.317), seguito dall´Inter (47.639) e dalla Roma (40.167). La Juve è solo nona (20.706) anche se la colpa è del piccolo Olimpico, già Comunale (ma quando si chiamava così, dentro ci stavano più di 60 mila persone; oggi, al massimo, 25.442).

Le cifre non mentono, però a volte ingannano, anzi confondono. Perché parlare di medie è come tirar fuori la famosa statistica del pollo e dell´indiano: è evidente che le presenze sono cresciute al traino delle grandi città e delle gare di cartello. Esiste, in sostanza, un netto squilibrio tra gli stadi che alzano le medie e quelli che, viceversa, continuano a presentare clamorosi vuoti: il più deserto di tutti è il "Castellani" di Empoli (8.099 spettatori in media, anche se la capienza totale è meno del doppio: 15.268). Se ne accorge facilmente chiunque giri un po´ l´Italia del calcio: a parte qualche caso isolato, ma assai significativo per l´aritmetica (appunto Milano, Roma, Napoli, Genova e in parte Torino), il resto del panorama non sembra testimoniare un clamoroso ritorno d´interesse popolare.

Anzi, rimane diffusa l´abitudine a seguire il calcio in tivù, grazie soprattutto al digitale terrestre che ha da tempo affiancato il satellite. Conforta, a questo proposito, la conferma che il calcio chiacchierato e urlato sul piccolo schermo non tira quasi più: la gente, stufa di liti e scemenze, schiaccia il tasto rosso del telecomando non appena finiscono le partite, abbandonando al loro destino gli opinionisti del nulla. Insomma, l´indiano (e mezzo) continua a guardare la partita in salotto, divorando il suo pollo, oppure segue solo le grandi squadre, mentre sulle gradinate ci sono soprattutto gli ultrà, non certo le famiglie, e sempre meno bambini e anziani.

Dipenderà anche dai costi dei biglietti: quelli sì in costante ascesa, ben più delle presenze dentro quel bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto?) chiamato stadio.

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