PARTE PRIMA
Processo al Napoli, Reja: «Siamo caduti nella trappola delle esaltazioni»
Sabato sera contro il Bologna il tecnico ritornerà al «vecchio» modulo. Probabile attacco Lavezzi-Zalayeta
Ci ha messo ancora una volta la faccia. E si è assunto le responsabilità del momentaccio del suo Napoli. Edy Reja ha fatto ciò che un tecnico deve fare, senza alibi. Ieri, a metà mattina, ha lasciato i giocatori in campo a proseguire l'allenamento con il suo vice, Viviani. Ha raggiunto la sala stampa, pronto a recitare il mea culpa. Con grande serenità, tradito soltanto da un colpetto di tosse - come a schiarirsi la voce - prima di cominciare a rispondere alle domande. Affronta di petto le critiche, con il solito stile pacato. Che gli permette, nel bel mezzo di una crisi di risultati, di garantire che il suo Napoli tornerà presto a fare bene. «Serve una vittoria, poi la tensione e la paura caleranno in maniera naturale». Alza il coperchio di una pentola che bolle e prova a raffreddarla. Insistendo ora su un verbo diverso: vincere. «Non importa giocare bene, questo è un momento in cui i risultati sono importanti».
De Laurentiis, però, le aveva chiesto un Napoli all'attacco. Un Napoli che diverte.
«Anche io al suo posto avrei chiesto la stessa cosa. Lui era contento dopo la sconfitta con la Juve in Coppa perchè aveva visto un buon Napoli. Io e la squadra eravamo molto dispiaciuti».
Il Napoli sembra entrato in un tunnel pericoloso. Si è dato una spiegazione?
«Stavamo giocando un calcio bellissimo, andando al di là di ogni previsione. Io stesso ero diventato per la stampa l'allenatore più bravo d'Italia. Così abbiamo perso la bussola, io per primo. Sono caduto nell'esaltazione generale come una quaglia. Ho sbagliato dovevo rendermi conto, invece, che non potevamo imporre il nostro gioco ovunque. Dovevamo restare con i piedi per terra. La mia è una squadra operaia, l'errore strategico è stato perdere di vista questo aspetto».
Ha avuto sentore di cali di attenzione nello spogliatoio, proprio nei suoi riguardi?
«Sì, ma questo è normale. Sono diversi anni che stiamo insieme. Ci può stare. Ma credo che ci voglia rispetto per il ruolo che ho, l'attenzione nei confronti del tecnico è sempre necessaria. Chi non ascolta è un presuntuoso».
E' un messaggio a qualcuno?
«No, qui non si parla per messaggi. Anzi. Ora parlerò a chiare lettere con ognuno dei miei calciatori, anche chi gioca soltanto per pochi minuti. Siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo remare insieme ».
Il modulo nuovo. Si è pentito di averlo sperimentato a Palermo, visti i risultati?
«Il Napoli non ha subìto due gol in dodici minuti per il modulo, ma soltanto per disattenzione, aggiungo che abbiamo avuto il possesso palla, che avevamo un gioco. Sterile, ma gioco. Il Palermo si è disposto in nove dietro la linea difensiva. Se l'avessimo fatto noi al San Paolo ci avrebbero fischiati. Detto ciò, certo eravamo stanchi, mancava freschezza. Avrei dovuto valutare meglio queste cose. Questo è un momento in cui bisogna dare sicurezze ».
Lo riproporrà?
«Ripeto, contro Bologna e Genoa, due partite in casa, abbiamo necessità assoluta di punti. La sicurezza è il 3-5-2, non è detto che poi in futuro non possa ripensare di nuovo al nuovo modulo».
Ora cosa la preoccupa di più?
«Sul piano della corsa la squadra c'è. Invece c'è stata troppa presunzione. Io non ho sentito questo campanello di allarme e siamo caduti tutti nella trappola. Recuperare l'umiltà e tornare ad essere squadra operaia, mi rassicurerebbe moltissimo».
Sì, ma servono anche i gol. Denis E Zalayeta non ne hanno fatti tantissimi.
«Le statistiche dicono questo, ma i gol non devono farli solo le punte. Noi abbiamo un centrocampista, Hamsik che è capocannoniere. Le altre squadre magari non ce l'hanno. A noi mancano i gol su punizione, quelli degli esterni».
Si meraviglia sentendo spifferi qua e là su eventuali successori?
«Li ho sempre sentiti e sono qui da cinque anni. Chiaro che vorrei restare più a lungo possibile».
CarloTheMast Player
mercoledì 11 febbraio 2009
SSC Napoli - SpaccaNapoli - 2008/2009 - Ep. 23 - 11/02/09 [1]
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